Attaccare bottone in fiera? Quando il gadget racconta l’artigianato al mondo

Il dettaglio si vede dai dettagli. Anche e soprattutto quando si è a caccia di nuovi clienti. A Origin, il salone della manifattura italiana che si è chiuso giovedì 13 luglio, alla fiera Rho-Pero, il bottonificio “Maribert” di Cernusco Lombardone in provincia di Lecco, nella collettiva organizzata da Confartigianato Lombardia, di bottoni ne ha attaccati parecchi.
Passi di fronte allo stand, sei di fretta, ci sono tante imprese da visitare eppure qualcosa cattura l’occhio: ti fermi, ti avvicini, agguanti. Cosa? Un grosso bottone di colore rosso con inciso sopra Maribert. Un gadget innocente ma che fa la differenza. Per almeno due motivi: primo, perché molte fra le aziende presenti a Origin gadget non ne hanno e, secondo, perché ha un qualcosa di familiare che ti magnetizza subito ai ricordi e al quotidiano. Il bottone rosso Maribert è un portachiavi: «Non si attacca al cappotto – dice sorridendo Marco Crippa, titolare dell’azienda – perché serve ad altro, però quando lo vedi ti ricordi subito di noi».

UN’IDEA GIOVANE
L’idea l’ha avuta Giovanni, figlio di Marco. Ventisette anni, una laurea in Economia e un master in Gestione e sviluppo delle piccole e medie imprese all’Università Cattolica di Milano, un’esperienza di due anni ma non nell’impresa di famiglia.
Ora alla Maribert, che di bottoni ne fa di tutti i tipi – in poliestere, in vero corno, in madreperla, in corozo, in osso, in cocco, in legno (in realtà lì si producono anche reggicolli, girocolli e stecchine per camicia) – Giovanni ha fatto la differenza. Piccola? A vedere i risultati che l’azienda lecchese si è portata a casa da Origin, non si direbbe: «Può sembrare banale, e invece il bottone-portachiavi è servito. A parte l’interesse della stampa (articoli su Sky, Corriere della Sera, Ansa), il vero interesse è arrivato dai clienti: tanti russi, qualche giapponese, ovviamente anche italiani. Non al bottone rosso ma ai bottoni da cucire sui capi. Il segreto è questo: se faccio bottoni devo realizzare un gadget che richiami l’attività della mia azienda. Avremmo distribuito una penna, i risultati non sarebbero stati gli stessi. Uno se la infila nel taschino ed è finita lì». «E poi – interviene il figlio Giovanni – ti porti a casa qualcosa che serve e che rimane: quando partecipi ad una fiera è importante lasciare un segno. In caso contrario rischi di essere come gli altri».

AFFIDARSI ALLA CREATIVITA’ DELLE NUOVE GENERAZIONI
Crippa ha sessantatré anni e pensa che «arrivati ad una certa età ci si debba affidare alla volontà e alla creatività dei giovani». Ecco Giovanni, che al gadget si è appassionato perché ha risposto ad una domanda che da tempo gli frullava per la testa: «In fiera siamo più o meno tutti uguali, quindi perché un cliente dovrebbe fermarsi davanti al mio stand più di quanto si fermi davanti a quello degli altri?».

ANCHE IL GADGET E’ ARTIGIANALE
Ci vuole una calamita. Ed ecco l’idea: Giovanni ha contattato un’azienda del lecchese – la Fratelli Arrigoni di Cortabbio di Primaluna – specializzata in minuterie metalliche per pelletteria per l’anello in metallo del portachiavi. Poi ha tornito il bottone, l’ha verniciato e ci ha laserizzato il nome dell’azienda di famiglia.
Basta questo? «In azienda – prosegue il giovane – seguo tutta la comunicazione e i social. E’ per questo che a Origin ho scommesso anche sul racconto e sulle immagini: tante foto e un video. Distinguersi fa la differenza». Come i bottoni con tecnologia Nfc: «Abbiamo applicato un chip che contiene tutte le informazioni sul prodotto e che possono essere lette da un qualsiasi smartphone Android. Basta avvicinare il telefono al bottone cucito sul capo, e il cliente può conoscere le istruzioni di lavaggio, i certificati di non contraffazione, l’anti-taccheggio e molto altro». E non solo di colore rosso.

Confartigianato Imprese Varese - Matteo Campari - www.asarva.org